Un anno di pandemia in carcere

Il commento del Prof. Luigi Manconi

a cura di Carmen Gasparotto

“Il carcere è il luogo di maggiore diffusione del contagio perché è il luogo dove le condizioni igienico sanitarie sono le più precarie, le più critiche spesso le più drammaticamente favorevoli alla diffusione di tutti i contagi, di tutti i virus, delle malattie.” Esordisce così Luigi Manconi, sociologo, giornalista, scrittore di numerosi saggi sul tema dei diritti umani e civili, già senatore della Repubblica, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, primo Garante delle persone private della libertà presso un’amministrazione comunale, quella di Roma, e fondatore di “A buon diritto Onlus”.

Prof. Manconi, siamo ancora in ritardo per quanto riguarda il piano vaccinale (*). Una grande confusione si è creata intorno alla decisione di considerare il carcere alla stregua delle Comunità di convivenza, e le regioni, a cui è affidata la sanità, decidono ognuna per sé.

“Si incontrano, in questa circostanza, due argomenti delicati: il primo è il Covid, il secondo è il carcere. La somma di queste due tematiche, come dire, intrattabili, rende le strategie contro il Coronavirus particolarmente complesse e di conseguenza assai più difficili quando vanno applicate al sistema penitenziario. Scatta un meccanismo di rimozione per cui nell’elenco delle categorie considerate vulnerabili c’è imbarazzo a inserire la popolazione detenuta. Il motivo è che il carcere è argomento che suscita allarme sociale per un verso, e per l’altro disagio. Succede, quindi, che non si riesce ad applicare quella che sarebbe la più razionale, la più prudente e la più intelligente delle strategie. Vengono vaccinati gli appartenenti alla Polizia penitenziaria e non i detenuti con i quali convivono. Gli agenti penitenziari rientrano nella più grande categoria delle Forze dell’ordine, quest’ultima considerata degna di particolare attenzione. Questa incapacità di guardare le cose con razionalità non è assenza di solidarietà, ma è piuttosto scarsa intelligenza e soprattutto autolesionismo in quanto non vaccinare i detenuti significa contribuire alla diffusione del contagio.”

Non pensa ci sia stata una sottovalutazione del problema?

“C’è stata un’incredibile sottovalutazione del problema e questo sulla base di alcuni numeri che, nella prima fase del Covid, sembravano rassicuranti, ma che già nella seconda fase erano diventati molto preoccupanti. Sta di fatto che la percentuale di positivi sulla popolazione carceraria è sempre stata, nel corso di questi quattordici mesi, di alcuni punti superiore rispetto alla popolazione nazionale complessiva. Tutto ciò è stato non solo sottovalutato, ma ignorato. Soprattutto è stato ignorato che, contrariamente a quanto è stato detto, che cioè il carcere – addirittura il 41bis – sarebbe il luogo più sicuro d’Italia in quanto il più protetto e dunque immune alla diffusione del contagio, il carcere è di per sé un sistema patogeno.”

Pensiamo poi al problema antico che affligge le nostre carceri: il sovraffollamento.

“Ed è il problema principale. Nel senso che, per sua stessa natura e struttura, il carcere è un luogo dove le più elementari misure richieste alla popolazione non possono essere adottate e mi riferisco al distanziamento fisico, all’utilizzo delle mascherine e a una corretta e rigorosa pulizia.”

Possiamo intravedere qualche buona notizia in questa pandemia? Penso, per esempio, all’uso delle videochiamate per comunicare con i familiari o alla scarcerazione per invio ai domiciliari di persone in condizioni di salute particolarmente drammatiche.

“Francamente non vedo buone notizie. Il ricorso alla tecnologia per superare la distanza fisica non è mai una buona notizia. È un surrogato, uno strumento succedaneo che può ridurre i danni ma non può sostituire la presenza, il contatto fisico, la relazione diretta. Non lo può per gli studenti così come non lo può per i detenuti e i loro familiari. In più la pandemia ha prodotto un’interruzione di gran parte delle attività trattamentali, pertanto il risultato è a mio avviso disastroso. Che poi un certo numero di magistrati di sorveglianza abbia interpretato con intelligenza il proprio ruolo e le proprie competenze assumendosene la responsabilità è un fatto che fa onore a chi lo ha realizzato, ma non cambia assolutamente un’ispirazione generale che va in senso contrario.”

Il Garante nazionale dei detenuti, all’interno del comunicato dell’11 marzo scorso, informa che in carcere ci sono 3.175 detenuti con pena inflitta da zero a due anni e 13.742 detenuti con un residuo di pena da zero a due anni. Cosa pensa a proposito di una eventuale liberazione anticipata di queste persone? Il carcere potrebbe tornare a una capienza conforme.

“Il risultato sarebbe certamente quello e la misura è di grande saggezza. Temo che, come è stato sinora, continuerà a essere rifiutata. Da una classe politica che, nella stragrande maggioranza, è incapace di elaborare strategie razionali per il carcere e da un’amministrazione penitenziaria che si sta dimostrando particolarmente chiusa e conservatrice.”

La Ministra della Giustizia Marta Cartabia ha però detto cose mai ascoltate sul senso della pena, nessun paragone con i suoi predecessori.

“Sì, la ministra Cartabia è una buona notizia. Spero riesca a lavorare e soprattutto spero non trovi ostacoli in un governo dove ci sono forze securitarie se non giustizialiste.”

Nella sezione femminile del carcere di Rebibbia sono risultati positivi al Coronavirus – nella prima fase della pandemia – due medici e due infermiere. In quella sezione ci sono madri con bambini. In Italia sono 55 i bambini al di sotto dei tre anni in carcere con le loro madri, non pensa che ci possa essere un’alternativa alla detenzione in carcere?

“Sicuramente. Da un calcolo che feci quindici anni fa, e che ultimamente ho verificato, sarebbe possibile eliminare il problema dei bambini in carcere con una cifra modestissima equivalente a 1 milione e mezzo di euro. Con questa cifra si potrebbero ristrutturare edifici capaci di contenere cinque case-famiglia per donne madri con bambini. Questa è una cosa molto concreta e semplice da realizzare. Ancora una volta se non lo si fa è solo ed esclusivamente in ragione di una volontà politica ostile.”

(*) Presenti Positivi Vaccinati
Detenuti 52.591 492 15.684
Polizia penitenziaria 36.939 424 19.451 (avviati alla vaccinazione)
Personale amministrativo 4.021 47 1.990 (avviati alla vaccinazione)
Dati Ministero della Giustizia aggiornati al 26 aprile 2021 (www.giustizia.it)