Dispersione e abbandono scolastico*

di Ferruccio Venanzio

17 marzo 2023

L’abbandono scolastico nella provincia di Trieste risulta il più basso della regione FVG, assestandosi a circa l’8%. (Istat 2018). Il dato prende in considerazione la fascia di età tra i 18 ed i 24 anni e sottolinea soprattutto il fenomeno della mancata acquisizione del Diploma di Scuola Secondaria di 2° grado. Il dato riguardante, infatti, la Scuola Secondaria di 1° grado è ovviamente molto più basso: 0,70% a livello nazionale (MIUR 2019), con una netta prevalenza della popolazione maschile.

Da più di dieci anni la Comunità di San Martino al Campo ha attivato un progetto di contrasto al fenomeno (“Non uno di meno”) finalizzato specificatamente al conseguimento del Diploma di Licenza Media (Scuola Secondaria di 1° grado) per alcuni giovani segnalati dai Servizi Sociali del Comune. Nell’ambito dell’attività dello SMaC, un’equipe di insegnanti volontari in collaborazione con alcuni operatori cerca con pazienza, empatia e professionalità, di far emergere in ciascuno di questi giovani le proprie qualità, accettando le loro debolezze e i loro limiti, favorendo, se possibile, l’aumento dell’autostima. La percentuale di riuscita è molto vicina al 100% e da qualche anno viene anche offerto un sostegno a chi si iscrive alla Scuola Secondaria di 2° grado.

Bisogna a questo punto distinguere le definizioni di dispersione scolastica e abbandono scolastico.

Per dispersione scolastica si intende quell’insieme di processi che, determinando rallentamenti, ritardi o altre interruzioni più o meno prolungate di un iter scolastico, possono portare all’abbandono.

L’abbandono scolastico è, invece, la definitiva uscita di uno studente da un determinato iter formativo o corso di studi, favorito anche da ripetute bocciature che possono determinare di conseguenza una forte demotivazione.

È intuibile come l’abbandono scolastico rappresenti un fattore che concorre a determinare l’esclusione sociale, favorendo anche l’aumento della disoccupazione. Secondo l’ultimo rapporto della Caritas, nel nostro Paese il legame tra povertà educativa minorile e condizioni di svantaggio socio-economico delle famiglie risulta particolarmente accentuato ed è un fenomeno principalmente di carattere “ereditario”.

L’Italia, purtroppo, si pone al quarto posto in Europa (12,7%), dopo Spagna, Malta e Romania nelle percentuali più alte di abbandono (Eurostat) se viene preso in considerazione l’abbandono della fascia di età dai 15 ai 24 anni comprendendo, quindi, anche gli studi universitari. Il dato si inserisce, peraltro, in un trend europeo virtuoso che ha visto ridursi negli ultimi dieci anni la percentuale media dal 13% al 10%. L’Unione Europea si è posta come obiettivo la riduzione del fenomeno sotto il 9% entro il 2030. Va rilevato ancora come il Friuli-Venezia Giulia si colloca tra le regioni italiane più virtuose, rispetto alla media nazionale, con un dato dell’8,6% (2021).

A livello europeo l’indicatore utilizzato per quantificare il fenomeno è l’ELET, acronimo di Early Leaving from Education and Training e cioè Abbandono precoce dei percorsi educativi e formativi.

Secondo gli ultimi dati forniti dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) ad abbandonare precocemente in Italia la Scuola Media sono in generale soprattutto i maschi, gli alunni stranieri e i residenti nel Mezzogiorno, oltre ai giovani residenti nei sobborghi delle città e nelle zone rurali.

La pandemia di Covid 19 ha avuto pesanti conseguenze sulla popolazione scolastica. Con la Dad (didattica a distanza) bisogna considerare prima di tutto l’impossibilità, per le famiglie in condizioni economiche disagiate, di dotare i propri figli di un pc o di un tablet e consentire una connessione Internet. Significativa poi la mancanza di interazione in presenza tra alunni e insegnanti e tra compagni di classe. Con la Dad capitava poi di distrarsi più facilmente, per esempio seguendo con fatica una lezione dal piccolo schermo di uno smartphone, magari con una connessione intermittente o lenta. Recenti studi sottolineano poi, a pandemia terminata, la diffusione di disturbi psicologici in alcune categorie di giovani particolarmente deboli. Tutto questo ha contribuito, in certi casi, a favorire dispersione e/o abbandono scolastico.

La ripresa delle lezioni in presenza ha comportato poi, a volte, come compensazione, ad una sopravvalutazione dei meriti scolastici, dequalificando in pratica la preparazione degli studenti e determinando di conseguenza un allarmante 9,7% di giovani diplomati di Scuola Superiore senza le competenze minime necessarie per entrare nel mondo universitario o del lavoro (secondo gli standard INVALSI).

La dispersione e l’abbandono scolastico sono poi direttamente collegati al fenomeno dei NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso formativo).

Si parla spesso di scuola dell’obbligo, che prevede la frequenza dei cinque anni di Scuola Elementare (Scuola Primaria), dei 3 anni di scuola Media (Scuola Secondaria di 1° grado) e dei primi 2 anni di una Scuola Secondaria di 2° grado per un totale di 10 anni di frequenza (DM 139/2007), ma è interessante sapere che la pena prevista dall’Articolo 731 del C.P per inadempienza dei genitori è un’ammenda di 30 euro e riguarda solo la Scuola Primaria.

Per concludere cito una frase tratta dall’intervento della giornalista Francesca Fagnani al recente Festival di Sanremo che raccontava la sua esperienza nel Carcere Minorile di Nisida (NA). Intervistando uno dei ragazzi detenuti, alla domanda: “Se potessi tornare indietro, che avresti fatto?” la risposta inaspettata è stata: “Sarei andato a scuola, dottorè!”

*Nota: le statistiche su questo delicato argomento sono le più svariate ed evidenziano spesso una massa di dati non omogenea dovuta ai vari intervalli di età presi in considerazione e provenienti da istituti di statistica diversi. In ogni caso, leggendo attentamente i vari dati, si riesce tuttavia a inquadrare il fenomeno nella sua complessità e nel suo significato sociale.